Regione Toscana
norma

 
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA  
CIRCOLARE 22 novembre 2013, n. 2563
  Oggetto: Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali. A.S. 2013/2014. Chiarimenti.  
 


 
  urn:nir:ministero.istruzione.universita.ricerca:circolare:2013-11-22;2563

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali - LORO SEDI

Al Direttore Generale per gli Ordinamenti scolastici e per l'Autonomia scolastica - SEDE

Al Direttore Generale per lo Studente, l'Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione - SEDE

Ai Dirigenti delle Istituzioni Scolastiche statali e paritarie - LORO SEDI


 

Facendo seguito alla nota prot. 1551 del 27 giugno 2013, si intendono qui fornire ulteriori indicazioni e chiarimenti relativamente all'applicazione della Direttiva 27.12.2012  "Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione" e della successiva C.M. n. 8 del 6 marzo 2013  , anche sulla base delle richieste pervenute dalle scuole e delle esigenze rappresentate dal personale docente e dai dirigenti scolastici.

Resta fermo che il corrente anno scolastico dovrà essere utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative, con l'obiettivo comune di migliorare sempre più la qualità dell'inclusione, che è un tratto distintivo della nostra tradizione culturale e del sistema di istruzione italiano, in termini di accoglienza, solidarietà, equità, valorizzazione delle diversità e delle potenzialità di ciascuno. Per tale fine, si ha fiducia nell'operato delle istituzioni scolastiche, dei docenti tutti, dei dirigenti scolastici, del personale tecnico e amministrativo, consapevoli del quotidiano impegno e del delicato compito che tutta la comunità educante responsabilmente assume. Nei mesi scorsi sono state segnalate, osservate e raccolte tante buone pratiche realizzate dalle scuole che l'Amministrazione intende rendere visibili affinché siano condivise, fatte oggetto di riflessione e, ove possibile, diffuse. Esse testimoniano la vitalità di un sistema scolastico in evoluzione, che però affonda le proprie radici in principi consolidati.

Giova forse ricordare che la personalizzazione degli apprendimenti, la valorizzazione delle diversità, nella prospettiva dello sviluppo delle potenzialità di ciascuno sono principi costituzionali del nostro ordinamento scolastico recepiti nel DPR 275/99  , laddove è detto che «Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche ... possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l'altro: l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo...» (art. 4).

Ciò premesso, al fine di corrispondere alle richieste di chiarimenti pervenute dalle scuole in relazione alla Direttiva ed alla Circolare sopra citate, e nel rispetto dell'esercizio dell'autonomia scolastica, si comunica quanto segue.

Piano Didattico Personalizzato

Al riguardo si richiama l'attenzione sulla distinzione tra ordinarie difficoltà di apprendimento, gravi difficoltà e disturbi di apprendimento. Nella quotidiana esperienza didattica si riscontrano momenti di difficoltà nel processo di apprendimento, che possono essere osservati per periodi temporanei in ciascun alunno. È dato poi riscontrare difficoltà che hanno un carattere più stabile o comunque, per le concause che le determinano, presentano un maggior grado di complessità e richiedono notevole impegno affinché siano correttamente affrontate. Il disturbo di apprendimento ha invece carattere permanente e base neurobiologica. La scuola può intervenire nella personalizzazione in tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e la convenienza; pertanto la rilevazione di una mera difficoltà di apprendimento non dovrebbe indurre all'attivazione di un percorso specifico con la con seguente compilazione di un Piano Didattico Personalizzato. La Direttiva ha voluto in primo luogo fornire tutela a tutte quelle situazioni in cui è presente un disturbo clinicamente fondato, diagnosticabile ma non ricadente nelle previsioni della Legge 104/92  né in quelle della Legge 170/2010  . In secondo luogo si sono volute ricomprendere altre situazioni che si pongono comunque oltre l'ordinaria difficoltà di apprendimento, per le quali dagli stessi insegnanti sono stati richiesti strumenti di flessibilità da impiegare nell'azione educativo-didattica.

In ultima analisi, al di là delle distinzioni sopra esposte, nel caso di difficoltà non meglio specificate, soltanto qualora nell'ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) o del team docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l'efficacia di strumenti specifici questo potrà comportare l'adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative. Non è compito della scuola certificare gli alunni con bisogni educativi speciali, ma individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l'adozione di particolari strategie didattiche. Si ribadisce che, anche in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno dato diritto alla certificazione di disabilità o di DSA (1), il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione.

E' quindi peculiare facoltà dei Consigli di classe o dei team docenti individuare - eventualmente anche sulla base di criteri generali stabiliti dal Collegio dei docenti - casi specifici per i quali sia utile attivare percorsi di studio i ndividualizzati e personalizzati, formalizzati nel Piano Didattico Personalizzato, la cui validità rimane comunque circoscritta all'anno scolastico di riferimento.

Alunni con cittadinanza non italiana

In particolare, per quanto concerne gli alunni con cittadinanza non italiana, è stato già chiarito nella C.M. n. 8/2013  che essi necessitano anzitutto di interventi didattici relativi all'apprendimento della lingua e solo in via eccezionale della formalizzazione tramite un Piano Didattico Personalizzato. Si tratta soprattutto - ma non solo - di quegli alunni neo arrivati in Italia, ultratredicenni, provenienti da Paesi di lingua non latina (stimati nel numero di circa 5.000, a fronte di oltre 750.000 alunni di cittadinanza non italiana) ovvero ove siano chiamate in causa altre problematiche. Non deve tuttavia costituire elemento discriminante (o addirittura discriminatorio) la provenienza da altro Paese e la mancanza della cittadinanza italiana. Come detto, tali interventi dovrebbero avere comunque natura transitoria.

È opportuno ribadire che, in ogni caso, tutte queste iniziative hanno lo scopo di offrire maggiori opportunità formative attraverso la flessibilità dei percorsi, non certo di abbassare i livelli di apprendimento. Il Piano Didattico Personalizzato va quindi inteso come uno strumento in più per curvare la metodologia alle esigenze dell'alunno, o meglio alla sua persona, rimettendo alla esclusiva discrezionalità dei docenti la decisione in ordine alle scelte didattiche, ai percorsi da seguire ed alle modalità di valutazione.

In definitiva, la personalizzazione non è mera questione procedurale, che riduce la relazione educativa a formule, acronimi, adempimenti burocratici; un corretto approccio, pertanto, si salda con quanto deliberato in termini generali nel Piano dell'offerta formativa rispetto alle tematiche dell'inclusione e del riconoscimento delle diversità, alla valorizzazione di ogni individuo nella comunità educante, alla capacità della scuola stessa di "individuare" soluzioni adeguate ai diversi problemi.

Piano annuale per l?inclusività

Il Piano annuale per l'inclusività deve essere inteso come un momento di riflessione di tutta la comunità educante per realizzare la cultura dell'inclusione, lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni , non dunque come un ulteriore adempimento burocratico, ma quale integrazione del Piano dell'offerta formativa, di cui è parte sostanziale (nota prot. 1551 del 27 giugno 2013).

Scopo del piano è anche quello di far emergere criticità e punti di forza, rilevando le tipologie dei diversi bisogni educativi speciali e le risorse impiegabili, l'insieme delle difficoltà e dei disturbi riscontrati, dando consapevolezza alla comunità scolastica - in forma di quadro sintetico - di quanto sia consistente e variegato lo spettro delle criticità all'interno della scuola. Tale rilevazione sarà utile per orientare l'azione dell'Amministrazione a favore delle scuole che presentino particolari situazioni di complessità e difficoltà.

Gruppo di lavoro per l?inclusività

Per quanto concerne le indicazioni relative alle modalità organizzative della scuola, alle riunioni degli organi di istituto, ivi incluso il Gruppo di lavoro per l'inclusività (GLI) ed all'utilizzo del Fondo di istituto, queste sono da intendersi come suggerimenti operativi, essendo dette procedure rimesse alla autodeterminazione delle Istituzioni scolastiche, secondo quanto disposto dalle norme di legge e contrattuali. In particolare , in relazione alle riunioni del Gruppo di lavoro per l'inclusività ad inizio d'anno, le scuole definiranno tempi e modalità degli incontri anche sulla base di un congruo periodo di osservazione degli alunni in ingresso, al fine di poter stabilire eventuali necessità di interventi nell'ottica dell'inclusione . Inoltre, in relazione ai compiti del Gruppo di lavoro per l'inclusività, che assume, secondo quanto indicato nella C.M. 8/2013, funzioni di raccordo di tutte le risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola, si rammenta il rispetto delle norme che tutelano la privacy nei confronti di tutti gli alunni con bisogni educativi speciali. In particolare, si precisa che nulla è innovato per quanto concerne il Gruppo di lavoro previsto all' art. 12, co. 5 della Legge 104/92  (GLH operativo), in quanto lo stesso riguarda il singolo alunno con certificazione di disabilità ai fini dell'integrazione scolastica.

A livello di Istituto, si precisa inoltre che le riunioni del Gruppo di lavoro per l'inclusività possono tenersi anche per articolazioni funzionali ossia per gruppi convocati su tematiche specifiche.

Sempre con riferimento al Gruppo di lavoro per l'inclusività, si anticipa che verranno organizzati specifici incontri informativi per i referenti di istituto, al fine di dare corretta interpretazione alle indicazioni fornite nella Circolare n. 8/2013.

Organizzazione territoriale per l?inclusione

Con riferimento a quanto espresso nella C.M. 8/2013  relativamente all'attuazione dell' art. 50 della Legge 35/2012  , si ribadisce che il lavoro preliminare che verrà svolto in ambito territoriale , nella creazione di una rete di scuole-polo per l'inclusione, "risulta strategico anche per creare i presupposti per l'attuazione dell' art. 50 del D.L. 9.2.2012, n. 5  , così come modificato dalla Legge 4.4.2012, n. 35  ".

Per quanto concerne i rapporti tra i vari organismi per l'integrazione degli alunni con disabilità, si informano le scuole che è in atto un a riorganizzazione complessiva della rete dei Centri Territoriali di Supporto (CTS) e dei Centri Territo riali per l?Inclusione (CTI), a cura degli Uffici scolastici regionali, per la ridefinizione di compiti e ruoli. Al riguardo, si precisa che nulla è innovato per quanto riguarda i Gruppi di lavoro interistituzionali (GLIP), i cui compiti e la cui composizione sono previsti da una norma primaria ( art 15 legge n. 104/92  ). Con successiva nota - nell'ottica dell'ottimizzazione e della funzionalità delle specifiche competenze - saranno ulteriormente definiti i compiti dei CTS e dei CTI, fermo restando quanto disposto nel DM 12 luglio 2011 e nelle Linee guida per il diritto allo studio di alunni e studenti con DSA.

Ulteriori approfondimenti saranno svolti in sede di conferenze regionali di servizio e comunicati con successive note. Il percorso di sper imentazione e monitoraggio troverà adeguato spazio nel portale online che sarà a breve reso disponibile.

Si ringrazia e si confida nello sperimentato spirito di collaborazione.

(1) Al riguardo, si ritiene utile fornire una precisazione di carattere terminologico. Per "certificazione" si intende un documento, con valore legale, che attesta il diritto dell'interessato ad avvalersi delle misure previste da precise disposizioni di legge - nei casi che qui interessano: dalla Legge 104/92  o dalla Legge 170/2010  - le cui procedure di rilascio ed i conseguenti diritti che ne derivano s ono disciplinati dalle suddette leggi e dalla norma tiva di riferimento. Per "diagnosi" si intende invece un giudizio clinico, attestante la presenza di una patologia o di un disturbo, che può essere rilasciato da un medico, da uno psicologo o comunque da uno specialista iscritto negli albi del le professioni sanitarie. Pertanto, le strutture pubbliche (e que lle accreditate nel caso della Legge 170), rilasciano "certificazioni" per alunni con disabilità e con DSA. Per disturbi ed altre patologie non certificabili (disturbi del linguaggio, ritardo maturativo, ecc.), ma che hanno un fondamento clinico, si parla di "diagnosi".

 

IL CAPO DIPARTIMENTO: Luciano Chiappetta