Regione Toscana
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CONSIGLIO DI STATO  
PARERE 15 luglio 2015, n. 1048
  Oggetto: Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione. Richiesta di parere in relazione alla conversione del permesso di soggiorno da motivi religiosi a lavoro subordinato.  
 


 
  urn:nir:consiglio.stato:parere:2015-07-15;1048

LA SEZIONE

Vista la relazione n. 3556 del 19 giugno 2015 con la quale il Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione ha posto il quesito;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Hans Zelger.

Premesso:

Il Ministero dell'interno espone che la normativa vigente ( art. 14 D.P.R. n. 394/1999  ) non prevede la conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, in deroga alle regole ordinarie e generali stabilite per quest'ultimo. Quindi, in linea con quanto stabilito dal legislatore, il Ministero ha ritenuto non accoglibili le istanze presentate dai religiosi finalizzate ad ottenere la predetta conversione. Tuttavia, negli ultimi anni l'Amministrazione è risultata più volte soccombente, in qualità di resistente, nei ricorsi proposti innanzi ai tribunali amministrativi regionali per l'annullamento dei provvedimenti di diniego delle richieste di conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

I Tribunali amministrativi hanno stabilito, infatti, che la tipologia dei permessi di soggiorno oggetto di conversione, indicata dalla normativa, non fosse tassativa e, quindi, non escludesse tale conversione, anche se non esplicitamente e che, quando si era inteso escludere tale possibilità, l'inconvertibilità era stata espressamente sancita. Inoltre, i Tribunali amministrativi hanno evidenziato che l' art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998  non porrebbe alcuna limitazione ai motivi giustificativi del rinnovo del permesso anche se diversi da quelli posti a base dell'originario permesso.

La giurisprudenza prevalente dei tribunali amministrativi regionali ha ritenuto, dunque, possibile, pur in mancanza di un'espressa previsione normativa, tale conversione, con un orientamento ormai pressoché unanime e consolidato nel tempo (cfr. in proposito, tra le altre, TAR. Lazio. sez. Il, 5 febbraio 2009, n. 1206; TAR. Lombardia, sez. IV, 2 marzo 2012, n. 696; TAR. Lazio 25 luglio 2012 n. 6943; TAR. Lazio 15 novembre 2012 n. 10487; TAR. Toscana, 7 marzo 2013, n. 389; TAR. Lazio n. 10146 del 27 novembre 2013 e n. 285 del 9 gennaio 2015).

Dall'esame delle pronunce sopra indicate risulta, infatti, che la normativa vigente, nel caso di abbandono dello status di religioso, non vieta espressamente la conversione del permesso per motivi religiosi in permesso per motivi di lavoro, non ponendo vincoli generali al rinnovo del permesso di soggiorno per un titolo diverso da quello originariamente posseduto, l'indicazione delle possibilità di conversione di cui all' articolo 14 del D.P.R. n. 394 del 31 agosto 1999  (Regolamento recante norme di attuazione la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) non può ritenersi tassativa, ristretta alle ipotesi espressamente disciplinate, ma riguarda ogni titolo di soggiorno ivi incluso, dunque, quello rilasciato per motivi religiosi.

Il predetto orientamento non sempre è stato confermato dal Consiglio di Stato, in sede di appello. Invero, con la decisione n. 1612 del 20 marzo 2013 il Consiglio di Stato, Sezione terza, ha statuito la possibilità di, convertire il permesso di soggiorno per motivi religiosi in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, in quanto la normativa non pone alcuna preclusione esplicita e la tipologia dei casi di conversione non può intendersi affatto tassativa, non ponendo l' art. 5 del D. Lgs. 286/1998  vincoli al rinnovo del permesso di soggiorno per un titolo diverso da quello originariamente posseduto; mentre con la successiva decisione n. 2292 depositata il 24 aprile 2013 della medesima sezione, lo stesso Consiglio di Stato si è espresso in modo difforme, sottolineando come le indicazioni fornite dall' art. 14 del DPR 394/1999  debbano intendersi derogatorie e a titolo di eccezione e che non sono suscettibili di applicazione estensiva o tanto meno analogica.

Ha concluso, pertanto, il predetto organo giurisdizionale che il permesso di soggiorno per motivi religiosi non può ritenersi suscettibile di conversione. Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, non sempre univoco, è stata rilevata l'esigenza di chiarire se l'interpretazione delle fonti normative seguita dal Ministero sia in linea con il dettato normativo, anche al fine di evitare l'insorgere di un eventuale contenzioso, pure a livello comunitario, con conseguenti oneri a carico del Ministero, considerando altresì che i magistrati amministrativi potrebbero ritenere legittimi, in futuro, altri casi di conversione del permesso di soggiorno (ricerca e missione), non previsti dalla vigente norma, in conformità con quanto affermato, nella decisione depositata il 20 marzo 2013, dal Consiglio di Stato, secondo cui la tipologia dei casi di conversione non può intendersi affatto tassativa né può giustificare un'interpretazione restrittiva della sua portata".

Si rappresenta, al riguardo, che seppure i giudici amministrativi ritengono possibile la conversione del permesso di soggiorno da motivi religiosi a lavoro subordinato, non può, comunque, sottacersi la difficoltà di ammettere la conversione in parola, in assenza di una disposizione che la preveda espressamente, anche se l'articolo 5, comma 5, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero - di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286  , e successive modificazioni non pone alcuna limitazione ai motivi giustificativi del rinnovo del permesso di soggiorno pure se diversi da quelli posti a base dell'originario permesso. Inoltre, va sottolineato che gli ingressi per motivi religiosi alla data del 30 aprile 2015 sono stati 28.937 - tra cui mussulmani, ortodossi, copti, cattolici - e che un'eventuale modifica legislativa, volta ad estendere la conversione del permesso di soggiorno da motivi religiosi in motivi di lavoro subordinato potrebbe creare nel tempo non poche difficoltà per l'elevato numero di richieste. Si sottolinea, infine, che la Camera dei deputati, in data 10 giugno 2015 ha approvato l'ordine del giorno (9/2977-A/ 8), in armonia con la direttiva rimpatri 2008/115/CE, in sede di discussione del disegno di legge europea 2014. Tale ordine del giorno impegna il Governo ad adottare tempestivamente apposita circolare diretta a chiarire i dubbi interpretativi in merito alla normativa sopra richiamata, in coerenza con l'orientamento giurisprudenziale prevalente e con la disciplina europea e, quindi, a dichiarare la esistenza allo stato attuale della facoltà di conversione del permesso di soggiorno rilasciato per motivi religiosi.

Alla luce delle fonti normative e della giurisprudenza alla quale ha fatto riferimento, il Ministero dell'interno ha ritenuto opportuno acquisire il parere di codesto Alto Consesso, al fine di chiarire, se sia possibile la conversione del permesso di soggiorno rilasciato per motivi religiosi in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, sia autonomo che subordinato, previa verifica della sussistenza dei presupposti di legge in relazione al titolo di soggiorno richiesto e in rispetto delle quote di ingresso. Considerato: Il permesso di soggiorno per motivi religiosi consente al titolare di svolgere l'attività lavorativa strettamente collegata al proprio ministero religioso e deve essere distinto dai permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo.

Quindi i permessi per motivi religiosi sono rilasciati ai religiosi stranieri, intesi come coloro che abbiano già ricevuto ordinazione sacerdotale, o condizione equivalente, religiose, ministri di culti appartenenti ad organizzazioni confessionali al fine esercitare attività ecclesiastica, religiosa o pastorale in deroga alle regolare ordinarie e generali e senza sottostare alle restrizioni quantitative secondo i paesi di provenienza previste per il rilascio dei permessi per motivi di lavoro. L' articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999 n. 394  (regolamento a norma dell' art. 1, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998  ) stabilisce poi che il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo e per motivi familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite allo straniero, anche senza conversione o rettifica del documento, per il periodo di validità dello stesso.

L'argomento posto dal Ministero si concentra sulla questione di diritto: se la normativa vigente consenta la conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi in permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Va rilevato che l'art. 28, comma 1, del testo unico, approvato con DPR. 25 luglio 1998, n. 286  , prevede espressamente che gli stranieri titolari del permesso di soggiorno per motivi religiosi hanno il diritto a mantenere o riacquistare l'unità familiare alle condizioni.

Quanto sopra non toglie, però, che l'unica ragione per la quale la persona ha ottenuto il permesso di soggiorno è stata quella di svolgere nel territorio nazionale l'attività strettamente collegata al proprio ministero religioso, ovvero, l'ingresso in Italia è determinato da motivazioni religiose. Se tali presupposti vengono meno, perchè i titolari di tali permessi intendono dedicarsi ad attività (profane) di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, viene a mancare l'unico presupposto di entrata e di permanenza nel territorio nazionale ed il soggetto non ha più ragione di trattenervisi. Ne consegue che la persona interessata, titolare del permesso di soggiorno per motivi religiosi non vanta un diritto alla conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo anche se questo non è esplicitamente escluso dall'articolo 14 sopra citato. Anche a non ritenere tassative le ipotesi di conversione di cui all'art 14 del menzionato D.P.R. n. 394/ 1999  , sebbene la tassatività appaia più coerente con il sistema delle quote e in tal senso è una recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 2292/2013), la risposta al quesito è comunque nel senso di escludere la facoltà di conversione per la fattispecie prospettata nel quesito. Un'interpretazione logica e sistematica della disposizione di cui al menzionato art. 14 non consente di ritenere prevista la conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi a permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo.

Tale articolo disciplina la sola conversione dei permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro subordinato in permesso di lavoro autonomo e viceversa, ivi compresi i permessi per motivi familiari; questi, però, limitatamente ai permessi concessi per ingressi al seguito del lavoratore (e non per soggiorni diversamente autorizzati, come, appunto, per i religiosi), per motivi umanitari ovvero per integrazione minore nei confronti dei minori che si trovino nelle condizioni di cui all' art. 32, commi 1-bis  e 1-ter  del testo unico ( art. 14 D.P.R. n. 394/1999  , comma 1, lettera c)  .

Tale interpretazione limitativa della facoltà di conversione dei permessi di soggiorno è in consonanza con l'articolo 6, comma 1, del tu. in base al quale solo i permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari possono essere utilizzati anche per le altre attività consentite e che solo i permessi di soggiorno rilasciati per motivi di studio e formazione possono essere convertiti, comunque prima della loro scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.

Giusta il disposto dell' art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 286/1998  il permesso di soggiorno per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto può essere concesso seguendo speciali modalità di rilascio da stabilire nel regolamento di esecuzione ed il decreto ministeriale 12 luglio 2000 elenca i requisiti e le condizioni per l'ottenimento del visto d'ingresso per motivi religiosi e cioè:

a) l'effettiva condizione di "religioso";

b) documentate garanzie circa il carattere religioso della manifestazione o delle attività addotte a motivo del soggiorno in Italia. c) nei casi in cui le spese di soggiorno dello straniero non siano a carico di enti religiosi, l'interessato deve disporre di mezzi di sussistenza non inferiori all'importo stabilito dal Ministero dell'interno con la direttiva di cui all' art. 4, comma 3, tu  .

Inoltre, i permessi di soggiorno per motivi religiosi non sottostanno alle inerenti restrizioni quantitative fissate secondo i paesi di provenienza (art. 3, comma 4, tu. d. lgs. n. 286/1998  ) per i permessi da lavoro subordinato e qualora commutate, influirebbero sulla par condicio a carico dei richiedenti non "privilegiati".

E? ben vero che con l' art. 40, del citato DPR. 394/ 1999  si è voluto escludere la possibilità della conversione di permessi di soggiorno avuti ad un determinato titolo, e che, tra questi non è ricompreso quello per motivi religiosi.

È però altrettanto vero che la disciplina vigente per gli ingressi e soggiorni per motivi religiosi deriva non soltanto dalle norme sugli stranieri, ma anche dal tipo di rapporto esistente tra la Repubblica italiana e le diverse confessioni religiose ed ha quindi carattere di specialità.

Infatti, a livello costituzionale è garantito ad ogni persona, sia essa cittadina o straniera, la libertà di culto, in privato e in pubblico (con la sola esclusione dei riti contrari al buon costume), la libertà di professione religiosa e la libertà di propaganda religiosa ( art. 19 Cost.  ) e ogni confessione religiosa è egualmente libera di fronte alla legge ( art. 8, comma 1 Cost.  ). Ne deriva che l'entrata nel territorio nazionale ed il rilascio del permesso di soggiorno per motivi religiosi segue un iter particolare ed agevolato, soggetto ad una verifica di mera regolarità formale, fin quando il beneficiario si dedica ad attività religiose e di culto.

Nei casi in cui tale "vocazione" viene meno il soggetto non ha più ragione di trattenersi nel territorio italiano (vedasi anche articolo 5, comma 5, del d. lgs. n. 286/98  ) e se vuol rimanervi ad altro titolo come, nel caso di specie, per espletare attività lavorativa subordinata, dovrà conseguire un permesso di soggiorno specifico per l'attività che intende svolgere, secondo la normativa vigente.

La specificità ed eccezionalità della disciplina concernente il rilascio del permesso di soggiorno per motivi religiosi esclude che si possa ritenere che, allo stato dell'attuale normativa, in mancanza di una disposizione esplicita, le fonti normative prevedano la facoltà di conversione del permesso di soggiorno rilasciato per motivi religiosi in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

P.Q.M.


 

Nei termini su esposti e il parere del Consiglio di Stato.


 

L'ESTENSORE: Hans Zelger

IL PRESIDENTE: Giuseppe Barbagallo

IL SEGRETARIO: Giuseppe Testa