I - Premessa
Le dimensioni sempre più ampie dei flussi migratori e la nuova disciplina prevista in materia di immigrazione dal D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 , convertito con modificazioni dalla Legge 28 febbraio 1990, n. 39 , rendono opportune - a complemento della C.M. 8 settembre 1989, n. 301 (vedi sopra), che si intende integralmente richiamata - alcune considerazioni sulla presenza degli alunni stranieri nella scuola italiana e ulteriori indicazioni operative per la scuola dell'obbligo, nella quale il fenomeno risulta più consistente e complesso.
E' da rilevare che, mentre per gli alunni provenienti dai paesi della Comunità europea il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 722 - emanato in attuazione della direttiva CEE n. 77/486 del 25 luglio 1977 - contiene apposite norme in materia, per gli alunni provenienti da paesi extracomunitari sono disponibili solo alcune indicazioni normative ricavabili dalla Legge 30 dicembre 1986, n. 943 (artt. 1 e 9).
Peraltro, le presenti esigenze degli alunni extracomunitari richiedono più specifica attenzione e interventi di maggiore complessità
II - La situazione attuale:dati e considerazioni
Sulla presenza degli alunni stranieri in Italia, nell'anno scolastico 1988-89, una ricerca promossa dal Centro studi emigrazioni di Roma (CSER), in collaborazione con questo Ministero (v.edi C.M. Gab. del 14 novembre 1988, n. 845) ha fornito, in via provvisoria, alcuni dati significativi, che riguardano oltre due terzi delle scuole interessate.
Degli alunni stranieri segnalati dalle scuole che hanno risposto all'inchiesta CSER, il 14,3% frequenta le scuole dell'infanzia, il 46,3% le elementari, il 20,3% le medie e il 19,1% le superiori.
L'86% degli alunni stranieri gravita sulle scuole statali: la residua parte è presente, in prevalenza, nelle scuole dell'infanzia comunali o private.
Per quanto riguarda le provenienze geografiche, circa un terzo degli alunni stranieri proviene dai paesi europei (per il 44% da paesi CEE e per il 56% da paesi extra-CEE). I paesi asiatici e quelli africani forniscono un quinto ciascuno dell'intera utenza straniera.
In complesso gli alunni stranieri provengono da 114 paesi diversi. Sono segnalati, in ordine decrescente di presenza, i cinesi (6,6%), gli jugoslavi (compresi i nomadi: 5,8%), i polacchi (5,1%), gli statunitensi (4,9%), i marocchini (4,7%), i tedeschi (4,7%), gli etiopi (3,9%), gli iraniani (2,6%), i cittadini del Regno unito (2,3%), i francesi (2,3%), gli egiziani (2,3%), i vietnamiti (2,3%), i brasiliani (2,2%), ecc.
L'indagine del CSER ha anche messo in evidenza che delle scuole che hanno segnalato la presenza di alunni stranieri, la stragrande maggioranza ne accoglie uno o due. Le scuole frequentate da un numero di alunni stranieri superiore a 20 sono relativamente poche o quasi sempre concentrate in alcune grandi città; raramente accolgono una sola etnia.
Un'analisi dei flussi migratori pone in rilievo la differenziazione tra stranieri con prospettive di stabilizzazione in Italia, stranieri in transito per altra destinazione e migranti in cerca di lavoro temporaneo. Tali realtà, oltre che il livello culturale, sociale ed economico delle famiglie, determinano aspettative e bisogni educativi differenziati e incidono in modo diverso sull'interesse per la lingua e la cultura italiana e sulle richieste di valorizzazione della lingua e della cultura d'origine.
Rispetto ad un fenomeno così complesso, le strategie di intervento educativo richiedono una elaborazione in sede locale sulla base della conoscenza puntuale delle situazioni, dell'analisi dei bisogni e della ricognizione delle risorse disponibili.
III - Competenze a livello periferico e coordinamento degli interventi
Si ritiene necessaria la costituzione presso i Provveditorati agli studi (ove non siano già operanti) di comitati o gruppi di lavoro e di un ufficio di riferimento per le problematiche degli alunni stranieri, anche al fine di assicurare il necessario collegamento con gli Enti locali ed altre istituzioni interessate, la collaborazione con il servizio ispettivo, la consultazione dei sindacati e delle associazioni professionali e un rapporto costante con qualificate rappresentanze delle comunità straniere, per l'individuazione dei bisogni, la programmazione degli interventi e l'assistenza alle iniziative attuate dalle scuole, sulla base degli indirizzi contenuti nella C.M. n. 301/1989 e nel presente testo.
Saranno curate in particolare la raccolta e la diffusione di documentazione sulle esperienze attuate e in corso; l'informazione bibliografica e attinente ai sussidi audio-visivi; l'organizzazione di incontri per un confronto di esperienze fra i docenti coinvolti; il coordinamento di iniziative di aggiornamento, con la segnalazione alle scuole delle iniziative promosse da enti culturali e scientifici e da associazioni professionali (vedi appresso, paragr. VII, aggiornamento degli insegnanti).
Sarà utile acquisire la collaborazione di docenti con competenze nel settore dell'educazione degli adulti e dell'alfabetizzazione nonchè di esperti di comunicazione e di organizzazione.
E' da ricordare che alle competenze degli enti locali in materia di diritto allo studio si aggiunge, per la Regione, il compito di promuovere "appositi corsi di lingua e cultura italiana al fine di favorire l'integrazione nella comunità italiana dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie", nonchè, "anche attraverso altri enti locali", "programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari" (art. 9, II e IV comma della Legge n. 943/1986 ).
Una funzione di rilievo è esercitata dagli IRRSAE per la ricerca di strategie educativo-didattiche adeguate, l'aggiornamento degli insegnanti e l'assistenza a progetti sperimentali. Al riguardo risultano già assunte, in varie regioni, iniziative di particolare interesse, anche con significativi apporti delle istituzioni universitarie.
In considerazione della pluralità dei soggetti abilitati a intervenire in materia di istruzione degli alunni stranieri, è da rinnovare l'invito, rivolto ai provveditori agli studi con la circolare n. 301 , ad attuare "le opportune modalità di coordinamento, al fine di promuovere, anche attraverso protocolli di intesa, progetti operativi interistituzionali che utilizzino e valorizzino ogni forza presente nel territorio" (VI comma).
Il coinvolgimento dei consigli scolastici distrettuali e dei consigli scolastici provinciali potrà favorire una conoscenza più diretta della situazione e delle esigenze emergenti, anche al fine di una programmazione più articolata degli interventi.
Le Sovrintendenze scolastiche potranno costituire una sede di confronto delle esperienze nella dimensione regionale, per la più efficace collaborazione tra l'amministrazione scolastica periferica, la Regione, gli IRRSAE e il corpo ispettivo.
IV - L'ammissione dell'alunno straniero nella scuola dell'obbligo. Riconoscimento dei titoli di studio
Al momento dell'ingresso nella scuola italiana, si pone l'esigenza di una ricognizione della situazione di partenza dell'alunno straniero ad un duplice fine:
a) determinazione della classe d'iscrizione;
b) elaborazione di un percorso formativo personalizzato.
Fin da questo primo momento i capi d'istituto promuoveranno la collaborazione della scuola con le famiglie e con le comunità interessate.
Come già suggerito con la C.M. n. 301/1989 (punto 1, V comma) "si dovranno distinguere i soggetti di recente immigrazione da quelli il cui arrivo nel nostro paese è più remoto: i primi avranno non solo problemi di integrazione linguistica, ma manifesteranno problemi di adattamento alle nuove condizioni di vita. I secondi, di regola, dovrebbero in qualche misura possedere i rudimenti della nostra lingua e dovrebbero non più subire problemi acuti di adattamento ai nuovi costumi". Si presterà altresì attenzione al tipo di immigrazione e alle condizioni delle famiglie (vedi sopra, paragr. II, penultimo comma).
La necessaria specificazione non deve tuttavia far dimenticare che gli alunni stranieri sono prima di tutto alunni: bambini e bambine, ragazzi e ragazze, con le loro individualità e differenze, fra le quali l'appartenenza ad una diversa etnia si colloca come una delle variabili da prendere in considerazione, senza tuttavia escludere gli opportuni accertamenti sul piano motorio, cognitivo e socio-affettivo che sono alla base di una corretta azione programmatoria per tutti gli alunni.
Per quanto riguarda la determinazione della classe d'iscrizione, l'art. 1, I comma, del D.P.R. 722/1982 dispone che "gli alunni figli di lavoratori stranieri residenti in Italia che abbiano la cittadinanza di uno dei paesi membri della Comunità europea sono iscritti alla classe della scuola d'obbligo successiva, per numero di anni di studio, a quella frequentata con esito positivo nel paese di provenienza".
La C.M. n. 301/1989 ha già affermato la possibilità di estendere il disposto di questa norma agli alunni provenienti da paesi extracomunitari, con l'avvertenza che sarà necessario confrontare la struttura del nostro sistema scolastico obbligatorio con quella del paese di appartenenza. Allo stesso tempo la circolare ha richiamato "la necessità che siano avviate le procedure attualmente seguite, ivi compresa la delibera del consiglio di classe e la dichiarazione dell'autorità diplomatica o consolare italiana sul carattere legale della scuola estera di provenienza dell'alunno" (punto 1, VI e VII comma).
Con riferimento alla citata C.M., sono stati formulati quesiti sull'opportunità di iscrivere gli alunni, di cui si accerti un insufficiente livello di conoscenza della lingua italiana, a classe inferiore a quella cui aspirano in base agli studi pregressi, ricorrendo alla possibilità di "sottoporre l'aspirante ad un esperimento nelle materie e prove da stabilirsi" (prevista dall' art. 14 del R.D. 4 maggio 1925, n. 653 ).
Al riguardo si rileva che le prove, soprattutto per quanto concerne il livello di conoscenza della lingua italiana, risultano opportune, piuttosto che in funzione selettiva, ai fini della programmazione mirata alle attività didattiche.
L'iscrizione alla classe sarà disposta, in linea di principio, sulla base della scolarità pregressa (cfr. richiamata C.M. n. 301/1989 ) in considerazione delle responsabilità specifiche della scuola dell'obbligo. L'inserimento in classe inferiore potrebbe risultare addirittura penalizzante per l'alunno, se disposto soltanto a causa dell'insufficiente padronanza della lingua italiana.
Si impiegheranno pertanto le opportune strategie (es., formazione di gruppi, laboratori) e le risorse disponibili per colmare quel divario con interventi specifici di consolidamento linguistico (vedi paragr. V, "L'organizzazione scolastica in presenza di alunni stranieri"), in un clima di apertura interculturale (vedi paragr. VI, "L'educazione interculturale").
In presenza di situazioni di particolare difficoltà , i consigli di classe valuteranno responsabilmente la possibilità di iscrivere l'alunno alla classe immediatamente precedente a quella cui aspira per numero di anni di studio.
E' ancora da tenere presente che, ai sensi del IV comma dell'art. 10 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 , come modificato dalla Legge 28 febbraio 1990, n. 39 , il riconoscimento dei titoli di studio (e professionali) dei cittadini extracomunitari sarà disciplinato, in conformità con la normativa comunitaria, con apposito decreto presidenziale.
Si ricorda, infine, che all'atto dell'ingresso dell'alunno straniero nella scuola italiana dovrà essere richiamata l'attenzione dei servizi sanitari, per gli interventi di competenza, con particolare riguardo alle necessità di vaccinazione. Saranno altresì tenute in considerazione le consuetudini alimentari connesse alle tradizioni del paese di origine.
V - L'organizzazione scolastica in presenza di alunni stranieri
La C.M. n. 301 ha già rilevato che l'attuale quadro normativo (in particolare: Legge 24 settembre 1971, n. 820 per la scuola elementare e Leggi 4 agosto 1977, n. 517 e 20 maggio 1982, n. 270 per la scuola materna, elementare e media) offre alle scuole ampie possibilità progettuali per affrontare il problema degli alunni stranieri ed ha assicurato l'attenta considerazione del Ministero per tutti i progetti sperimentali specificamente predisposti (cfr. artt. 2 e 3 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419) ).
Di immediata evidenza è il problema dell'integrazione linguistica.
Nelle esperienze in atto è risultata assai proficua l'alternanza di periodi di presenza degli alunni stranieri nelle classi con momenti di applicazione e attività di laboratorio linguistico in gruppi di soli stranieri.
Ai sensi dell'ultimo comma dell' art. 1 del D.P.R. 722/1982 richiamato dalla circolare n. 301 , l'assegnazione alle classi è effettuata, ove possibile, raggruppando alunni dello stesso gruppo linguistico che, comunque, non devono superare il numero di cinque per ogni classe. Al riguardo sembra opportuno ripartire gli alunni stranieri in ragione di qualche unità soltanto per classe, al fine di agevolarne la naturale integrazione linguistica con gli alunni italiani, mentre può essere utile costituire gruppi anche superiori alle cinque unità nei momenti di specifiche attività linguistiche.
Il raggruppamento di più alunni stranieri in un'unica classe di scuola elementare è comunque da riferirsi agli iscritti nello stesso plesso.
Per quanto possibile, le attività di sostegno linguistico saranno intensificate nella fase iniziale dell'anno scolastico.
La specifica destinazione di insegnanti ex art. 14 Legge n. 270/1982 favorisce, ove praticabile, l'adeguato svolgimento delle attività programmate.
E' qui da richiamare il disposto dell'art. 4 del D.M. 12 aprile 1990 (trasmesso con C.M. 27 aprile 1990, n. 113), concernente la determinazione delle D.O.A. per l'anno scolastico 1990 - 91, per il quale "entro il limite fissato dall' art. 24 della Legge 11 marzo 1988, n. 67 , i docenti appartenenti alle stesse dotazioni potranno essere impegnate nelle attività di cui al VI e IX comma dell' art. 14 della Legge 20 maggio 1982, n. 270 , secondo i criteri indicati dall'O M. sulle utilizzazione di personale" (I comma). "Ai fini indicati al precedente comma si terrà conto, prioritariamente, delle esigenze connesse ... alle attività di sostegno, recupero e integrazione di alunni portatori di handicap o provenienti da paesi extracomunitari" (II comma) (vedi anche artt. 2 e 3 della stessa circolare).
Per la scuola elementare è da tener conto del nuovo assetto previsto dalla Legge 5 giugno 1990, n. 148 . L'art. 9, II comma, prevede che "nell'ambito delle ore di insegnamento, una quota può essere destinata al recupero individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da paesi extracomunitari".
Sempre per la scuola elementare, la C.M. 22 giugno 1990, n. 170, al punto 2, lettera c, prevede che "i posti D.O.A. utilizzati per progetti particolarmente rilevanti sul piano sociale ed in armonia con gli aspetti portanti della riforma (ci si riferisce, in particolare, ai progetti relativi alla dispersione scolastica e all'integrazione degli extracomunitari) potranno essere mantenuti per le stesse iniziative qualora ancora necessarie".
E' da ricordare che nelle scuole secondarie le attività di sostegno costituiscono anche una delle possibili forme di utilizzazione dei docenti tenuti al completamento di orario.
La presenza di alunni stranieri pone all'attenzione della scuola l'ulteriore tema della "valorizzazione della lingua e cultura d'origine".
Per gli alunni comunitari, il D.P.R. n. 722/1982 prescrive di "promuovere l'insegnamento della lingua e della cultura del paese d'origine, coordinandolo con l'insegnamento delle materie obbligatorie e comprese nel piano di studio" (art. 2, punto b) e prevede, per l'attuazione, apposite intese con le rappresentanze diplomatiche degli Stati dei quali gli alunni medesimi abbiano la cittadinanza (art. 4).
Per gli alunni extracomunitari la Legge n. 943/1986 prevede che "analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingua e cultura d'origine" (art. 9, punto 5).
Nella pratica scolastica, tale disposizione ha assunto una duplice valenza: in primo luogo si cerca di includere la "valorizzazione della lingua e cultura d'origine" in progetti di educazione interculturale validi allo stesso tempo per gli alunni italiani e per gli alunni stranieri; sotto altro profilo, in presenza di richieste di corsi specifici di lingua e cultura del paese d'origine e in carenza di apporti delle competenti rappresentanze diplomatiche, si favoriscono, per quanto possibile, le iniziative degli enti locali e lo svolgimento dei corsi da parte delle comunità interessate.
Al riguardo è da raccomandare la massima collaborazione della scuola, sia per quanto riguarda la disponibilità dei locali e delle attrezzature, sia per il necessario coordinamento delle iniziative degli enti locali e delle comunità interessate con le attività didattiche della scuola stessa, da realizzarsi possibilmente nella programmazione scolastica.
L'intervento degli enti locali e la collaborazione delle comunità e delle famiglie consente in alcune sedi scolastiche l'impiego di "mediatori" di madre lingua per agevolare la comunicazione nell'ambito scolastico ed i rapporti scuola-famiglia, nonchè l'utilizzo di "esperti" di madre lingua per attuare le iniziative per la valorizzazione della lingua e cultura d'origine. Risulta anche utile la collaborazione di studenti più anziani.
La materia può trovare al momento sistemazione nei protocolli d'intesa locali, in attesa di più organici interventi.
VI - L'educazione interculturale
La realtà della presenza di stranieri, così come delineata, rende di particolare attualità una nuova e mirata attenzione della scuola alle tematiche connesse all'educazione interculturale quale condizione strutturale della società multiculturale. Il compito educativo, in questo tipo di società, assume il carattere specifico di mediazione fra le diverse culture di cui sono portatori gli alunni: mediazione non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensì animatrice di un continuo, produttivo confronto fra differenti modelli.
L'educazione interculturale -si osserva- avvalora il significato di democrazia, considerato che la "diversità culturale" va pensata quale risorsa positiva per i complessi processi di crescita della società e delle persone. Pertanto l'obiettivo primario dell'educazione interculturale si delinea come promozione delle capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale multiforme. Essa comporta non solo l'accettazione ed il rispetto del diverso, ma anche il riconoscimento della sua identità culturale, nella quotidiana ricerca di dialogo, di comprensione e di collaborazione, in una prospettiva di reciproco arricchimento.
E' qui da sottolineare che l'educazione interculturale, pur attivando un processo di acculturazione, valorizza le diverse culture di appartenenza. Compito assai impegnativo, perchè la pur necessaria acculturazione non può essere ancorata a pregiudizi etnocentrici. I modelli della "cultura occidentale", ad esempio, non possono essere ritenuti come valori paradigmatici e perciò non debbono essere proposti agli alunni come fattori di conformizzazione.
Ogni intervento che si colloca su questo piano tende così, anche in assenza di alunni stranieri e nella trattazione delle varie discipline, a prevenire il formarsi di stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture ed a superare ogni forma di visione etnocentrica, realizzando un'azione educativa che sostanzia i diritti umani attraverso la comprensione e la cooperazione fra i popoli nella comune aspirazione allo sviluppo e alla pace.
Può essere opportuno ricordare che nei documenti programmatici dei diversi ordini scolastici sono presenti numerose indicazioni in materia, di cui si riportano alcuni esempi significativi.
"Un contesto didattico così articolato potrà favorire, sulla scia di vissuti di socializzazione fra bambini appartenenti ad etnie nazionali ed internazionali diverse, prime forme di educazione multiculturale. La prossima apertura delle frontiere europee potrà avere già nella scuola del bambino una sede significativa di integrazione culturale, nella prospettiva di una educazione alla comprensione, alla solidarietà e al reciproco rispetto dei comportamenti e dei valori di bambini appartenenti a diverse culture regionali e nazionali" (rapporto della commissione per la revisione degli orientamenti per la scuola materna, cap. 3, par. 3, punto B).
"La scuola deve operare perchè il fanciullo ... abbia consapevolezza delle varie forme di diversità e di emarginazione allo scopo di prevenire e contrastare la formazione di stereotipi o pregiudizi nei confronti di persone e culture" (programmi didattici per la scuola primaria, premessa generale, parte I, paragr. "educazione alla convivenza democratica").
"Ponendo gli alunni a contatto con i problemi e le culture di società diverse da quella italiana, la scuola media favorirà anche la formazione del cittadino dell'Europa e del mondo, educando ad un atteggiamento mentale di comprensione che superi ogni visione unilaterale dei problemi ed avvicini all'intuizione di valori comuni agli uomini pur nella diversità delle civiltà, delle culture e delle strutture politiche" (programmi della scuola media, premessa generale, parte IV, paragr. 5).
E' evidente che le dichiarazioni programmatiche prima citate e la consapevolezza di convergenze e differenze che le attività disciplinari potranno esplicitare, non possono restare mere enunciazioni di principi o semplici constatazioni.
Occorre, infatti, che il senso e il rispetto dell'"altro", il dialogo, la solidarietà vengano promossi soprattutto nel concreto quotidiano dei rapporti interpersonali all'interno del gruppo classe, tra i gruppi e, in collaborazione con la famiglia, anche nella dimensione extrascolastica.
VII - L'aggiornamento degli insegnanti
Si rammenta che la C.M. (Ufficio Studi e Programmazione) 18 maggio 1990, n. 136, concernente il piano nazionale di aggiornamento per l'esercizio finanziario 1990, ha invitato i provveditori agli studi ad avviare, "in stretta relazione con le variabili territoriali", "attività di formazione in servizio, secondo moduli che saranno definiti in sede periferica, per la predisposizione di competenze e strumenti idonei che siano in grado di favorire l'inserimento di soggetti, culture e problematiche extracomunitarie nel sistema educativo nazionale" (quartultimo comma).
A tal proposito la circolare auspica "una fruttuosa collaborazione con altri soggetti istituzionali sui quali gravano problemi della stessa natura (gli IRRSAE, per esempio), o di altra (enti locali territoriali), con i quali dovranno stabilirsi sistematiche intese" (terzultimo comma).
Le attività di aggiornamento nella materia in discorso dovranno inquadrarsi nel sistema organizzativo delineato dalla C.M. 18 maggio 1990, n. 136, considerando, in particolare, il ruolo delle università (punto 2, terzultimo comma) e l'utilizzabilità delle iniziative proposte da enti culturali, scientifici ed associazioni professionali (punto 4, comma 9).
Saranno tenuti presenti, in particolare, i temi dell'educazione interculturale, dell'insegnamento dell'italiano come lingua seconda e della valorizzazione della lingua e cultura d'origine.
Si ritiene opportuno riaffermare che "la concezione, implicita nel dettato costituzionale secondo cui la scuola è aperta a tutti (art. 34, primo comma, Costituzione), che vede nella scuola una comunità chiamata a realizzare il pluralismo delle scelte, esige che si faccia progressivamente strada nel personale interessato una attitudine relazionale, capace di istituire un collegamento non soltanto fra le persone, ma anche fra le diverse prospettive culturali" (C.M. n. 136, punto 3, comma 7).
VIII - Interventi per i lavoratori adulti
Con C.M. del 28 giugno 1990, n. 176 e con l'annessa ordinanza sono state emanate le disposizioni per il funzionamento dei "corsi sperimentali di scuola media per lavoratori" con particolare considerazione dei problemi dei cittadini extracomunitari.
Per i "corsi di alfabetizzazione" a livello di scuola elementare, si fa riserva di ulteriori comunicazioni.
IX - Indagini ricognitive e dibattiti
L'emergenza dei problemi relativi alla presenza straniera nella scuola dell'obbligo richiede inoltre specifiche attività di studio e di ricerca per questo settore, nella prospettiva di una graduale estensione alle scuole di ogni ordine e grado.
Questo Ministero intende pertanto promuovere, nel corso del prossimo anno scolastico, un convegno nazionale di studio, per consentire, anche con il confronto di esperienze significative, l'approfondimento dei problemi organizzativi e didattici connessi con la presenza degli alunni stranieri nella scuola dell'obbligo e l'elaborazione di un quadro generale di riferimento per gli interventi da adottare.
Con lettera successiva sarà altresì trasmesso un modello per una indagine aggiornata sulla presenza e sulla condizione degli alunni stranieri nella scuola dell'obbligo.
Si rappresenta intanto ai provveditori agli studi l'opportunità di attivare il più ampio dibattito sulle problematiche dell'integrazione scolastica degli alunni stranieri, sulla base degli indirizzi contenuti nella C.M. n. 301/1989 e nel presente testo, mediante incontri con gli ispettori tecnici e i capi d'istituto e successive riunioni dei collegi dei docenti.
Si pregano inoltre i provveditori agli studi medesimi di trasmettere in duplice copia a questo Ministero (Direzione generale istruzione elementare - Div. II e Direzione generale istruzione secondaria di I grado - Div. I), entro il 15 ottobre c.a., una relazione di carattere generale sulla presenza scolastica degli alunni stranieri nelle rispettive province, con riferimento ai problemi emersi ed alle più significative esperienze in atto per la scuola dell'obbligo e di allegare i testi di eventuali protocolli d'intesa adottati per favorire la collaborazione interistituzionale in materia.
Si pregano, infine, gli IRRSAE e il CEDE di inviare ai medesimi uffici di questo Ministero le possibili notizie sulle attività di ricerca, assistenza e aggiornamento svolte o programmate in merito all'integrazione scolastica degli alunni stranieri.