Regione Toscana
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MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI  
CIRCOLARE 14 aprile 2020, n. 3803
  Oggetto: Reddito di Cittadinanza - chiarimenti sul requisito di residenza in Italia per almeno 10 anni e presentazione di una nuova domanda a seguito di decadenza.  
 


 
  urn:nir:ministero.lavoro.politiche.sociali:circolare:2020-04-14;3803

Alla Direzione Generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale


 

Con nota n. 2243 del 20/03/2020 la Direzione Generale ha richiesto il parere dello scrivente Ufficio in ordine alla possibilità di considerare la residenza effettiva, in luogo della residenza anagrafica, quale elemento per la verifica in capo ai richiedenti il beneficio del reddito di cittadinanza, in possesso di regolare titolo di soggiorno, del requisito previsto dall'art. 2, c. 1, lett. a), sub. 2) del decreto legge 28 gennaio 2019 n. 4  , convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26  , consistente nella residenza in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in modo continuativo.

Al riguardo, si ritengono condivisibili le argomentazioni poste a sostegno dell'ipotesi prospettata, secondo cui, in sintesi, ai fini dell'accertamento del requisito di cui sopra, i competenti servizi comunali possono chiedere ai soggetti, con regolare titolo di soggiorno, richiedenti il RAC, di dimostrare - qualora non risultasse sufficiente il ricorso alle verifiche anagrafiche - la sussistenza della residenza effettiva, mediante oggettivi ed univoci elementi di riscontro.

A tal proposito si richiama la giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione che ha elaborato, in materie diverse ma con un indirizzo convergente ormai da ritenersi consolidato, il principio secondo il quale l'attestazione come risultante dai registri anagrafici costituisce una mera presunzione del luogo di residenza del destinatario superabile con i mezzi di prova consentiti dall'ordinamento. Ciò è stato affermato per quanto riguarda la regolarità delle notificazioni (cfr. da ultimo cfr. Cass. n. 30952/2017; Cass. n. 4274/2019; Cass. 12380/2017), per i profili fiscali derivanti dall'accertamento dell'abitazione abituale (cfr. Cass. n. 8628/2019 che richiama Cass. n. 26985/2009 e Cass. n. 13151/2010 e Cass. n. 12062/2017 ) nonché in ordine alla nozione - definita "di matrice civilistica"- di sede effettiva delle società in alternativa a quella "legale" (da ultima Cass. n. 15184/2019). Emerge da questi filoni giurisprudenziali la valorizzazione di contro alle annotazioni "formali" di residenza o "sede legale" di criteri legati all'effettività di residenza del soggetto interessato che può vincere la presunzione di conformità della realtà con quanto attestato nei registri pubblici attraverso la prova che incombe sulla stessa parte.

Tale orientamento trova riscontro anche nella giurisprudenza amministrativa ( cfr. CDS n. 7730/2010; Tar Lazio n. 321/2015). Seppure si tratta di principi, come detto, affermati in relazione ad ambiti specifici e delimitati è indubbio che questa evoluzione interpretativa si è affermata per tenere pienamente conto della ratio perseguita dal legislatore laddove emerga l'intendimento di stabilire l'effettività della presenza del soggetto in determinata sede o abitazione e non di attribuire una presunzione assoluta da quanto emerge dai registri ufficiali. Questa ratio ricorre senza dubbio nel caso del d.l. n. 4 del 2019  poiché la residenza decennale come requisito per l'accesso alla prestazione non può che avere lo scopo di assicurare una misura di sostegno "complessa" (nella quale confluiscono elementi propri delle politiche attive così come indubitabili esigenze di contrasto della povertà nonché le altre finalità indicate all'art. 1) solo a quei i soggetti che possano vantare (compreso i cittadini) un radicamento nel territorio di durata decennale (di cui l'ultimo biennio prima della domanda con carattere di continuatività). Una residenza di fatto nel territorio italiano per una pari durata, da dimostrare a carico di chi la fa valere in contrasto con i dati emergenti dai registri pubblici, non contraddirebbe in nulla con quanto voluto dal legislatore anzi sarebbe con questo coerente posto che eventuali abusi nella richiesta dei sostegni previsti potrebbe avvenire anche attraverso una mera residenza anagrafica priva di effettività. Si segnala anche che, in ogni caso, si è già dubitato della legittimità costituzionale del requisito decennale in parola e che la questione è pendente presso la Corte delle leggi ed inoltre che la giurisprudenza costituzionale più recente (Corte cost. n. 44 del 2020) sembra attestarsi su principi piuttosto rigidi (anche alla luce di quella della Corte di giustizia) sulla possibilità di condizionare l'accesso a sussidi o sostegni di carattere primario (nel caso del reddito di cittadinanza anche a copertura europea sia dall'art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che degli artt. 30 e 31 della Carta sociale del Consiglio d'Europa) al possesso di requisiti di residenza troppo esigenti, sicché sembrerebbe doversi dare, in caso di dubbio, un'interpretazione conforme della normativa in parola (dovuta certamente in relazione alla Carta sociale e, per gli eventuali profili discriminatori, ex art. 21 della Carta dei diritti U.E. stante l'applicabilità diretta di quest'ultimo alla luce della sentenza Egenberger della Corte del Lussemburgo) cui è tenuta anche la pubblica amministrazione.

Quest'Ufficio con nota 1319 del 19.2.2020 ha gia dato un'interpretazione coerente con quella sin qui prospettata in relazione alle questioni insorte di prova del requisito di residenza da parte dei senza dimora in modo da non escludere cittadini bisognosi dall'accesso a prestazioni di carattere di carattere primario e spesso di natura anche alimentare per problemi meramente certificativi superabili in via amministrativa con la cooperazione tra soggetti richiedenti ed uffici pubblici.

Pertanto si accede alla proposta formulata dalla Direzione per cui i servizi anagrafici deputati alla verifica del requisito di residenza potranno chiedere ai beneficiari di RAC di dimostrare la sussistenza della residenza effettiva decennale (e di quella della biennale continuitività prima della domanda), da provarsi con elementi oggettivi di riscontro. I servizi potranno ricostruire l'effettiva situazione del soggetto in relazione alla vantata residenza effettiva decennale (e della continuatività come detto nell'ultimo biennio) avente le caratteristiche fissate dalla giurisprudenza di legittimità (elemento oggettivo e soggettivo) in collaborazione con il cittadino ed anche con altri Comuni e, solo in esito all'inesistenza, di riscontri obiettivi potrà ritenersi non soddisfatto il requisito di ordine anagrafico. La seconda questione posta nella nota della Direzione si intende così assorbita.

 

IL CAPO DELL'UFFICIO LEGISLATIVO Pres.Giuseppe Bronzini