Disposizioni sull'integrazione sociale sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie
Art. 40.
Misure di integrazione sociale
1.
Lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonche' in collaborazione con le autorita' o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono:
a)
le attivita' intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del
decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389
, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella societa' italiana, in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunita' di integrazione e crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall'associazionismo, nonche' alle possibilita' di un positivo reinserimento nel Paese di origine;
c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle cause dell'immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o della xenofobia, anche attraverso la raccolta presso le biblioteche scolastiche e universitarie di libri, periodici e materiale audiovisivo prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri residenti in Italia o provenienti da essi;
d)
la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al
comma 2
per l'impiego all'interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualita' di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi;
e) l'organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una societa' multiculturale e di prevenzione di comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.
2.
Per i fini indicati nel
comma 1
e' istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.
3.
Ferme restando le iniziative promosse dalle Regioni e dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l'effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, e' istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro un organismo nazionale di coordinamento. I1 Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolge compiti di studio e promozione di attivita' volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sull'applicazione della presente legge.
Art. 41.
Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi
1.
Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parita', dei diritti umani e delle liberta' fondamentali in campo politico economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.
2.
In ogni caso compie un atto di discriminazione:
a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessita' che nell'esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalita', lo discriminino ingiustamente;
b) chiunque imponga condizioni piu' svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalita';
c) chiunque illegittimamente imponga condizioni piu' svantaggiose o si rifiuti di fornire l'accesso all'occupazione, all'alloggio, all'istruzione alla formazione e ai servizi sociali e socio- assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalita';
d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l'esercizio di un'attivita' economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalita';
e)
il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell'
articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300
, come modificata e integrata dalla
legge 9 dicembre 1977, n. 903
, e dalla
legge 11 maggio 1990, n. 108
, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attivita' lavorativa.
3.
Il presente articolo e l'
articolo 42
si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea presenti in Italia.
Art. 42.
Azione civile contro la discriminazione
1.
Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice puo', su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
2.
La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore del luogo di domicilio dell'istante.
3.
Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalita' non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene piu' opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.
4.
Il pretore provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda, emette i provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5.
Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto motivato, assunte, ove occorra, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a se entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all'istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il pretore, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati nel decreto.
7.
Con la decisione che definisce il giudizio il giudice puo' altresi' condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
9.
Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza puo' dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all'
articolo 2729, primo comma, del Codice civile
.
10.
Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso puo' essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentativi a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
11.
Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell'
articolo 41
posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefici ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle Regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, e' immediatamente comunicato dal pretore, secondo le modalita' previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni o enti revocano il beneficio e, nei casi piu' gravi, dispongono l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.
12.
Le Regioni, in collaborazione con le Province e con i Comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Art. 43.
Fondo nazionale per le politiche migratorie
1.
Presso la presidenza del Consiglio dei ministri e' istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli
articoli 18
,
36
,
38
,
40
e
44
, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al
comma 3
, e' stabilita in lire 12.500 milioni per l'anno 1997, in lire 58.000 milioni per l'anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l'anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni successivi si provvede ai sensi dell'
articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468
, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo affluiscono altresi' le somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell'Unione europea, che sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo. Il Fondo e' annualmente ripartito con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i ministri interessati. Il regolamento di attuazione disciplina le modalita' per la presentazione, l'esame, l'erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo.
2.
Lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attivita' concernenti l'immigrazione, con particolare riguardo all'effettiva e completa attuazione operativa della presente legge e del regolamento di attuazione, alle attivita' culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunita'. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalita' indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l'erogazione di contributi agli enti locali per l'attuazione del programma.
Art. 44.
Commissione per le politiche di integrazione
1.
Presso la presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali e' istituita la Commissione per le politiche di integrazione.
2.
La Commissione ha i compiti di predisporre per il Governo, anche ai fini dell'obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l'integrazione degli immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche nonche' di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l'immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo.
3.
La Commissione e' composta da rappresentanti del Dipartimento per gli affari sociali della presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri degli Affari esteri, dell'Interno, del Lavoro e della previdenza sociale, della Sanita', della Pubblica istruzione, nonche' da un numero massimo di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell'analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell'immigrazione, nominati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, sentito il ministro per la Solidarieta' sociale. Il presidente della Commissione e' scelto tra i professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed e' collocato in posizione di fuori ruolo presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e di altre amministrazioni pubbliche interessate a singole questioni oggetto di esame.
4.
Con il decreto di cui al
comma 3
sono determinati l'organizzazione della segreteria della Commissione, istituita presso il Dipartimento per gli affari sociali della presidenza del Consiglio dei ministri nonche' i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della Commissione e ad esperti dei quali la Commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.
5.
Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della Commissione dal decreto di cui all'
articolo 43, comma 1
, la Commissione puo' affidare l'effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla Commissione e stip- ulate dal presidente della medesima, e provvedere all'acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti.
6.
Per l'adempimento dei propri compiti la Commissione puo' avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle Regioni e degli enti locali.