Art. 1.
(Finalita' e ambito di applicazione)
1.
La presente legge, ai sensi dell'
articolo 3 della Costituzione
, promuove la piena attuazione del principio di parita' di trattamento e delle pari opportunita' nei confronti delle persone con disabilita' di cui all'
articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104
, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.
2.
Restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio delle persone con disabilita' relative all'accesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni del
decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216
, recante attuazione della
direttiva 2000/78/CE
per la parita' di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
Art. 2.
(Nozione di discriminazione)
1.
Il principio di parita' di trattamento comporta che non puo' essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilita'.
2.
Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilita', una persona e' trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.
3.
Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilita' in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.
4.
Sono, altresi', considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilita', che violano la dignita' e la liberta' di una persona con disabilita', ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilita' nei suoi confronti.
Art. 3.
(Tutela giurisdizionale)
1.
La tutela giurisdizionale avverso gli atti ed i comportamenti di cui all'
articolo 2
della presente legge e' attuata nelle forme previste dall'
articolo 44
, commi da 1 a 6 e 8, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
.
2.
Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, puo' dedurre in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta nei limiti di cui all'
articolo 2729, primo comma, del codice civile
.
3.
Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l'adozione, entro il termine fissato nel provvedimento stesso, di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
4.
Il giudice puo' ordinare la pubblicazione del provvedimento di cui al
comma 3
, a spese del convenuto, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno dei quotidiani a maggiore diffusione nel territorio interessato.
Art. 4.
(Legittimazione ad agire)
1.
Sono altresi' legittimati ad agire ai sensi dell'
articolo 3
in forza di delega rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a pena di nullita', in nome e per conto del soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunita', di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della finalita' statutaria e della stabilita' dell'organizzazione.
2.
Le associazioni e gli enti di cui al
comma 1
possono intervenire nei giudizi per danno subito dalle persone con disabilita' e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone stesse.
3.
Le associazioni e gli enti di cui al
comma 1
sono altresi' legittimati ad agire, in relazione ai comportamenti discriminatori di cui ai
commi
2
e
3
dell'articolo 2
, quando questi assumano carattere collettivo.