Il presente parere ha la finalità di fornire un indirizzo in materia di erogazione dell'assegno di maternità comunale alle cittadine straniere di Paesi Terzi regolarmente soggiornanti sul Territorio e titolari di un permesso di soggiorno per "assistenza minori".
Quadro normativo di riferimento
L'art. 12 Direttiva 2011/98/UE prevede che i lavoratori dei Paesi Terzi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b e c), devono beneficiare dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne:
a) le condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;
b) la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza;
c) l'istruzione e la formazione professionale;
d) il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili;
e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004 .
I cittadini di Paesi Terzi hanno, pertanto, il diritto di beneficiare dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano anche per quanto concerne il settore della "sicurezza sociale" - concetto che fa riferimento non alle norme di diritto interno ma a tutte quelle prestazioni pensionistiche e a carattere assistenziale - definiti proprio nel regolamento CE del 2004 n. 883, che all'art. 3 individua la categoria delle prestazioni familiari (ovvero tutte quelle prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari).
L'assegno di maternità comunale di cui all' art. 74 del d.lgs. n. 151/2001 rientra nell'alveo delle c.d. prestazioni familiari secondo il Regolamento CE n. 883 del 2004 e, dunque, attribuito in base a criteri obiettivi che prescindono da ogni valutazione individuale o discrezionale delle esigenze personali, perché costituisce «una prestazione in denaro destinata, attraverso un contributo pubblico al bilancio familiare, ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli» (così la Corte di Giustizia Europea, sentenza 21 giugno 2017, nella causa C-449/16, Kerly Del Rosario Martinez Silva).
Risultano, in conseguenza, ininfluenti le denominazioni adottate dal legislatore nazionale, le modalità di finanziamento delle singole prestazioni o il meccanismo giuridico cui lo Stato membro fa ricorso per attuarle (Corte di Giustizia Europea, sentenza 24 ottobre 2013, nella causa C-177/2012, Lachheb, punto 32), poiché occorre piuttosto considerare il contenuto e le finalità delle prestazioni; risultano, altresì, contrarie al dettato normativo tutte le limitazioni poste all'erogazione della prestazione stessa. Precisa infatti la stessa Corte di Giustizia Europea: "l'articolo 12 della direttiva 2011/98 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale (...), in base alla quale il cittadino di un Paese Terzo, titolare di un permesso unico ai sensi dell'articolo 2, lettera c), di tale direttiva, non può beneficiare di una prestazione come l'ANF [assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori], istituito dalla legge n. 448/1998 " (Corte di Giustizia Europea, sentenza 21 giugno 2017, nella causa C-449/16, Kerly Del Rosario Martinez Silva).
Estensione della clausola di parità di trattamento
In relazione al quadro normativo di riferimento, così come interpretato dalla Corte di Giustizia Europea, ed in ottemperanza al criterio di uguaglianza di trattamento prevista dall'art. 12 della Direttiva 2011/98/UE, si suggerisce l'estensione anche alle cittadine di Paesi Terzi, come già previsto per le titolari di un permesso di soggiorno unico lavoro, dell'assegno di maternità comunale di cui all' art. 74 del d.lgs. n. 151/2001 residenti nel territorio italiano e in possesso di permesso di soggiorno per "assistenza minori".
L'estensione della platea dei beneficiari anche ai titolari di permesso per assistenza ai figli, in ottemperanza a quanto statuito dalla Corte di Giustizia Europea, dunque, soddisfa e rispetta i principi di cui all' art. 3 della Costituzione italiana.