Regione Toscana
norma

 
MINISTERO DELL'INTERNO DIPARTIMENTO PER LE LIBERTA' CIVILI E L'IMMIGRAZIONE DIREZIONE CENTRALE PER I DIRITTI CIVILI , LA CITTADINANZA E LE MINORANZE  
CIRCOLARE 17 maggio 2011, n. 6415
  Oggetto: procedimenti amministrativi di concessione della cittadinanza italiana. Riconciliazione tra il richiedente straniero e il coniuge italiano. Dichiarazione di inammissibilità. Termini di conclusione del procedimento.  
 


 
  urn:nir:ministero.interno;dipartimento.liberta.civili.immigrazione:circolare:2011-05-17;6415

Ai Sigg. Prefetti - Loro Sedi

Al Sig. presidente della Regione Valle d'Aosta - Aosta

Al Sig. Commissario del Governo per la Provincia Autonoma di Bolzano

Al Sig. Commissario del Governo per la Provincia Autonoma di Trento

e, p.c. al Gabinetto del Ministro - Sede

Al Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali - Sede

Al Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Sede


 

La legge 15 luglio 2009, n. 94  recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", ha novellato l' art. 5 della legge 5 febbraio 1992 , n. 91  , che disciplina l'acquisto della cittadinanza italiana da parte del coniuge straniero o apolide di cittadino italiano.

L'articolo recita infatti: "ll coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all'estero, qualora, al momento dell'adozione del decreto di cui all'art.7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi".

DICHIARAZIONE DI INAMMISSIBILITA'

Alla luce di tali modifiche sono stati chiesti chiarimenti in merito ai casi in cui, successivamente alla pronuncia di separazione personale, giudiziale o consensuale omologata, risulti intervenuta la riconciliazione tra il richiedente straniero e il coniuge italiano.

Come noto, l'istituto della riconciliazione, regolato daIl' art. 157 del Codice Civile  , prevede la cessazione ex nunc degli effetti della sentenza di separazione nel caso in cui i coniugi manifestino espressamente la volontà di ricongiungersi, rendendo in merito apposita dichiarazione da annotarsi a margine dell'atto di matrimonio (ai sensi dell' art. 63, comma 1, lett. g) del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396  , recante "Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell' articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127  ") ovvero manifestino in modo tacito tale volontà mediante un comportamento concludente ed incompatibile con lo stato di separazione.

Considerata la rilevanza che la questione assume nei procedimenti amministrativi di acquisto della cittadinanza italiana juris communicatione, è stato chiesto l'avviso dell'Avvocatura Generale dello Stato, la quale, preliminarmente, ha precisato che lo scioglimento del matrimonio è sempre di ostacolo all'accoglimento dell'istanza di acquisto della cittadinanza mentre la riconciliazione, intervenuta tra i coniugi, può consentire l'accoglimento della domanda.

Tuttavia, al fine di evitare l'elusione della ratio Iegis attraverso la strumentalizzazione dell'istituto della riconciliazione, il periodo temporale necessario per l'ottenimento della cittadinanza italiana (la residenza legale di almeno due anni nel territorio della Repubblica ovvero tre anni se i coniugi risiedono all'estero, ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), deve decorrere "ab initio e per intero".

Ciò anche nell'ipotesi in cui la riconciliazione sia intervenuta in prossimità dello spirare del termine biennale cui all' art. 8 della legge n. 91/92  e all' art. 3 del D.P.R. 18.4.1994, n. 362  "Regolamento recante disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana".

ln considerazione della vigente disposizione contenuta al citato art. 5, l'avvocatura ha suggerito di attribuire rilevanza alla sola "riconciliazione espressa" che, avendo una veste formale, a differenza di quella tacita, vale a far decorrere un nuovo termine, ex art. 5 della legge n. 91/1992  come sopra descritto.

Al riguardo, ha argomentato che la "tacita riconciliazione", ove fosse ammessa per le finalità di che trattasi, richiederebbe complesse indagini volte a stabilire l'awio della effettiva ricostituzione del consortium familiare, che distoglierebbero dalle attività istituzionali gli Uffici della P.A. coinvolti nel procedimento e si porrebbero in conflitto con il "principio del buon andamento dell'attività amministrativa".

ln relazione a quanto sopra i procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana potranno quindi proseguire il loro iter istruttorio solo nei casi in cui risulti inten/enuta "l'espressa riconciliazione" contemplata dall' art. 157 del codice civile  . In tali fattispecie il dies a quo, per il computo del periodo temporale utile per la maturazione dei requisiti di legge, dovrà necessariamente coincidere con la data della dichiarazione di riconciliazione, come annotata a margine dell'atto di matrimonio.

Alla luce di quanto argomentato, in presenza di una asserita riconciliazione di fatto, la domanda sarà dichiarata inammissibile, previo avviso agli interessati ai sensi dell' art. 10 bis della Legge n. 241/90  e successive modificazioni e integrazioni.

Si procederà direttamente nel senso sopracitato anche nel caso in cui venga accertato che, dalla data della "riconciliazione espressa" di cui all' art. 157 c.c.  , iscritta a margine dell'atto di matrimonio ai sensi dell' art. 63 del D.P.R. n. 396/2000  , non sia ancora decorso il termine utile previsto dalla legge per la valida presentazione della domanda, ridotto della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

Si evidenzia inoltre che secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (VI, 6526 del 13 novembre 2007) "...il requisito per poter ottenere la cittadinanza deve consistere non solo nel dato formale della celebrazione di un matrimonio (inteso in una prospettiva di atto-rapporto) tra lo straniero ed il cittadino italiano, ma anche nella conseguente instaurazione di un vero e proprio rapporto coniugale con le sue concrete connotazioni tipiche: fedeltà, assistenza, collaborazione e coabitazione (cfr. art. 143 c.c.  ) .... "Tale da dimostrare l'integrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale".

Detto orientamento appare rispondente alla ratio della seconda parte dell'art. 5 della legge sulla cittadinanza che impone la stabilità del vincolo matrimoniale fino all'adozione del decreto di concessione.

Si ritiene opportuno far presente che le dichiarazioni di inammissibilità, pronunciate dalle SS.LL., per carenza del requisito matrimoniale come sopra richiamato, relative alle domande presentate antecedentemente all'8 agosto 2009, data di entrata in vigore della predetta legge n. 94/2009  , per le quali, alla medesima data, non risultava scaduto il termine biennale procedurale (di cui al combinato disposto dell' art. 8, comma 2 della legge n. 91/1992  e dell' art. 3 del D.P.R. n. 362/1994  ), hanno dato luogo a un rilevante contenzioso nei casi in cui siano state adottate successivamente al maturare dei requisiti temporali previsti dal novellato art. 5 della legge 91/92  (due anni di residenza legale nel territorio della Repubblica dopo il matrimonio; tre anni in caso di residenza all'estero; termini ridotti della metà in presenza di figli).

L'Avvocatura dello Stato, interessata anche in merito a detto contenzioso, ha condiviso l'orientamento a suo tempo espresso da questo Ministero secondo il quale, alla luce del principio del tempus regit actum e della giurisprudenza amministrativa in tema di ius supen/eniens, la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione e non a quello antecedente all'entrata in vigore della nuova disciplina.

Peraltro il predetto Organo legale ha anche ossen/ato che un provvedimento negativo, emanato nel momento in cui sono venuti a perfezionarsi i presupposti sopra richiamati per Vaccoglimento della domanda, può prestarsi a legittima censura.

Laddove, infatti, i citati presupposti risultino maturati durante l'iter procedurale, in assenza di circostanze preclusive previste dell' art. 6 della legge 91/92  , l'istruttoria si può concludere con decreto ministeriale di conferimento della cittadinanza ai sensi del successivo articolo 7 della legge n. 91/1992  .

La dichiarazione di inammissibilità dovrà infine essere adottata quando, nel corso dell'istruttoria, ovvero alla data di adozione del decreto di cui all' art. 7, comma 1 della legge n. 91/1992  , risulti intervenuto lo scioglimento, I'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e sussista la separazione personale tra i coniugi.

Ove le illustrate circostanze, pur essendo preesistenti alla data del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, siano emerse in sede di notifica del decreto medesimo, dovrà, successivamente all'invio dello stesso a questo Ministero, per i seguiti di competenza, dichiararsi Pinammissibilità dell'istanza, previo avviso agli interessati ai sensi dell' art.10 bis della legge n. 241/1990  e successive modificazioni e integrazioni.

Nel caso in cui dette condizioni preesistenti vengano accertate dopo la predetta notifica ovvero al momento della prestazione del giuramento, di cui all' art. 10 della legge n. 91/1992  , si dovrà procedere alla restituzione del decreto a questo Ufficio, che ne dichiarerà la nullità, ai sensi dell'art. 21 nonies della legge n. 241/1990  , e emanerà il provvedimento conclusivo della procedura in ossequio al principio dell'economicità dell'attività amministrativa.

Si richiama in proposito l'attenzione sul novellato art. 5 della legge n. 91/92  che, come detto, imponendo la stabilità del vincolo matrimoniale fino all'adozione del decreto di conferimento della cittadinanza, non consente di attribuire rilevanza all'eventuale scioglimento, separazione o annullamento, intervenuti successivamente alla data del decreto stesso.

RISPETTO DEI TEMPI PROCEDURALI

Dalle ultime rilevazioni effettuate nel Sistema Informativo Sicitt risultano numerosi procedimenti amministrativi con termine finale scaduto, privi del parere di competenza di codeste Prefetture (da inoltrarsi ai sensi dell' art. 2 del D.P.R., n. 362/1994  entro 30 giornidalla presentazione dell'istanza), in ordine ai quali si prega disvolgere un attento monitoraggio per la definizione degli stessi.

ln conseguenza pen/engono a questo Ufficio, in numero sempre crescente, ricorsi al Giudice Ammimstrati\,io volti ad ottenere la condanna dell'Amministrazione per il mancato rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti di concessione della cittadinanza ai sensi deil' art. 9 della legge n. 91/1992  .

L'Avvocatura dello Stato ha ritenuto che il ritardo nell'adozione di una determinazione espressa da parte dell'Amministrazione, anche se giustificato dalla complessità degli accertamenti, non costituisce motivo sufficiente a sostenere un eventuale appello.

Si richiama, peitanto, la particolare attenzione delle SS.LL. in ordine alla necessità del rispetto dei tempi di legge atteso che la più recente giurisprudenza ha affermato che il superamento del termine ordinatorio dei 730 giorni di cui all' art. 3 - del citato D.P.R., n. 362/1994  , per quanto non comporti l'accoglimento tacito dell'istanza, è di per sé sufficiente a mettere in mora l'Amministrazione al fine di evitare la violazione dell'obbligo di determinarsi tempestivamente, nel rispetto dell' art. 2 della legge n. 241/90  e successive modifiche.

Non appare superfluo rammentare altresì la perentorietà del termine biennale per la conclusione del procedimento di acquisto della cittadinanza per matrimonio ( art. 5 legge n. 91/1992  ), decorso il quale, secondo la giurisprudenza costante, il richiedente diventa titolare di un diritto soggettivo pieno all'acquisto della cittadinanza italiana, essendo inibito il rigetto dell'istanza (per i motivi previsti dall' art. 6 della legge n. 91/1992  ), ai sensi del!' art. 8, comma 2 della legge n. 91/1992  .

Si ritiene inoltre che non sia utile richiedere agli istanti i certificati dei carichi pendenti e del casellario giudiziale, tenuto conto che gli stessi non riportano integralmente Peffettiva posizione giudiziaria dei medesimi. Detta documentazione potrà essere acquisita d'ufficio e non più richiesta a corredo della domanda.

Si sottolinea la necessità che codeste Prefetture inseriscano sempre nella comunicazione di avvio de! procedimento agli interessati il numero di classifica della pratica (K10/K1OC). Tale numero è infatti indispensabile agli utenti per la registrazione nel Sistema di consultazione on-line, che questo Dipartimento ha attivato dal 5 luglio 2010 per l'accesso alle informazioni sullo stato di avanzamento della propria domanda.

Infine si ribadisce il contenuto della circolare n. K60.1 del 24 giugno 2009, con riferimento alla tempestività e correttezza dell'inserimento nel Sistema Informativo della Cittadinanza dei dati relativi ai richiedenti.

 

Il Direttore Centrale: Di Caprio