AI SIGG.RI PREFETTI DELLA REPUBBLICA - LORO SEDI
AI SIGG. COMMISSARI DEL GOVERNO NELLE PROVINCE AUTONOME TRENTO BOLZANO
AL SIG. PRESIDENTE DELLA REGIONE AUTONOMA VALLE D?AOSTA - AOSTA
AL SIGNOR PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE PER IL DIRITTO DI ASILO - SEDE
AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI E SEZIONI TERRITORIALI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE - LORO SEDI
e, p.c. AL SIG. CAPO DI GABINETTO - SEDE
AL SIG. CAPO DELLA POLIZIA DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA - SEDE
AL SIG. CAPO DIPARTIMENTO PER LE LIBERTÀ CIVILI E L'IMMIGRAZIONE - SEDE
AL SIG. CAPO DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DEL PERSONALE DELL'AMMINISTRAZIONE CIVILE E PER LE RISORSE STRUMENTALI E FINANZIARIE - SEDE
AI SIGG.RI QUESTORI - LORO SEDI
Sono attualmente in trattazione circa 136.000 richieste di protezione internazionale: un numero significativo e con andamento crescente se si considera che lo scorso anno sono state presentate oltre 130.000 istanze di asilo, di gran lunga superiori ai 119.000 migranti sbarcati sulle nostre coste.
La rilevante consistenza dei dati impone un'attenta azione riorganizzativa oltre ad una analisi prospettica della complessiva attività di valutazione delle domande di asilo.
Il primo obiettivo riguarda la riduzione dei tempi per l'esame delle istanze, ai quali è strettamente collegata la durata della permanenza nei Centri di accoglienza; i lunghi tempi di attesa infatti, oltre ad essere lesivi dei diritti di chi fugge da guerre o persecuzioni, non consentendo un rapido riconoscimento della protezione internazionale, comportano rilevanti oneri a carico dell'Erario. Essenziale è quindi che i 50 Collegi valutativi, ubicati nelle diverse realtà territoriali, operino a ritmo continuativo (cinque giorni a settimana) sia a livello di Commissione, i cui Presidenti hanno ex lege un incarico esclusivo, sia a livello di Sezione i cui titolari sono altresì chiamati a svolgere ulteriori funzioni presso le Prefetture.
Al riguardo i Signori Prefetti vorranno garantire, anche attraverso alternanze, la continuità dell'azione degli Organi decisori. Dal prossimo 9 luglio, i 250 funzionari amministrativi che stanno completando il percorso di formazione teorico applicativo saranno parte integrante dei Collegi, la cui nuova connotazione risulterà potenziata sia numericamente che sul piano specialistico. Considerato il notevole supporto che gli stessi daranno anche alle attività istruttorie ed amministrative, il cui carico fino ad oggi ha inciso negativamente sulle attività decisionali, dal nuovo assetto dovrà prioritariamente conseguire un tangibile segnale di contrazione dei tempi di esame delle istanze, per giungere, con progressiva sequenza, alla decisione delle pratiche pendenti e pervenire, quindi, all'ordinaria e rapida definizione del corrente.
In merito poi al centrale aspetto degli esiti dell'attività delle Commissioni, i dati dell'ultimo quinquennio evidenziano che la percentuale del riconoscimento dello status di rifugiato è stata pari al 7%, quella della protezione sussidiaria al 15%; sono stati inoltre concessi permessi di soggiorno per motivi umanitari nella misura del 25%, aumentata al 28% nell'anno in corso.
Com'è noto, tale istituto non afferente l'acquis comunitario, trova il proprio fondamento nell'Ordinamento nazionale, nell' art.5, comma 6 del d.lgs. n. 286/1998 (T.U. immigrazione), che prevede la concessione del beneficio qualora "... ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano", nei casi in cui non sussistono i requisiti per il riconoscimento di una forma di protezione internazionale.
A differenza di quanto accade in altri Stati Membri, nei quali le tipologie di forme complementari di tutela sono espressamente e tassativamente individuate dalle norme e, pertanto concesse in casi limitati, la disposizione in esame, di carattere residuale rappresenta il beneficio maggiormente concesso dal Sistema nazionale. Nonostante l'avvenuto recepimento nel nostro Ordinamento della protezione sussidiaria, con cui hanno trovato tutela particolari situazioni soggettive e oggettive di vulnerabilità, la norma de qua è tuttora vigente ed ha, di fatto, legittimato la presenza sul territorio nazionale di richiedenti asilo non aventi i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale il cui numero, nel tempo, si è sempre più ampliato, anche per effetto di una copiosa giurisprudenza che ha orientato l'attività valutativa delle Commissioni.
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è stato quindi concesso in una varia gamma di situazioni collegate, a titolo esemplificativo, allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto personale, alle traversìe affrontate nel viaggio verso l'Italia, alla permanenza prolungata in Libia, per arrivare anche ad essere uno strumento premiale dell'integrazione. La tutela umanitaria, concessa inizialmente per due anni, viene di fatto generalmente rinnovata in assenza di controindicazioni soggettive, in via automatica e senza il pur previsto riesame dei presupposti da parte delle Commissioni. Tale prassi ha comportato la concessione di un titolo di soggiorno ad un gran numero di persone che, anche in base alla normativa europea sull'asilo, non avevano al momento dell'ingresso nel nostro Paese, i requisiti per la protezione internazionale e che, ora, permangono sul territorio con difficoltà di inserimento (salvo i pochi casi in cui il permesso umanitario è stato convertito in permesso per motivi di lavoro) e con consequenziali problematiche sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza.
A tal fine intendo richiamare l'attenzione dei Collegi per il riconoscimento del diritto di asilo sulla necessaria rigorosità dell'esame delle circostanze di vulnerabilità degne di tutela che, ovviamente, non possono essere riconducibili a mere e generiche condizioni di difficoltà. La stessa più recente giurisprudenza (Cass. Civ. n. 4455 del 23 febbraio 2018) ha evidenziato come i "seri motivi" previsti dalla normativa a base del permesso per motivi umanitari sono tipizzati dalla ratio di tutelare situazioni di vulnerabilità, calate in concreto, nella complessiva condizione del richiedente, emergente sia da indici soggettivi che oggettivi, laddove questi ultimi sono riferibili alle "condizioni di partenza di privazione o violazione dei diritti umani nel Paese di origine" ritenendo, in tal modo, che nessuna singola circostanza possa di per sé, in via esclusiva, costituire il presupposto per l'attribuzione del beneficio.
Invero "l'accertamento della situazione oggettiva del Paese di origine e della condizione soggettiva del richiedente in quel contesto, alla luce delle peculiarità della sua vicenda personale costituiscono il punto di partenza ineludibile dell'accertamento da compiere".
Sono questi i parametri ai quali va necessariamente ancorata ogni valutazione, così come per il riconoscimento della protezione internazionale, non potendo la stessa essere limitata ad una mera constatazione di criticità benché evidenti e circostanziate.
Confido, dunque, nella massima attenzione delle Commissioni e Sezioni Territoriali per l'esercizio, improntato al più assoluto rigore e scrupolosità, di una funzione che si presenta essenziale nel più ampio contesto di gestione del fenomeno migratorio, a salvaguardia degli interessi primari della collettività oltre che dei diritti dei richiedenti.
Il Ministro Matteo Salvini